Intervista a Elda Olivieri - Daniele Caudullo
Nome: Elda Maria Cognome: Olivieri Data di nascita: 21 ottobre 1960 Luogo di nascita: Milano Professione: Attrice, doppiatrice, direttrice di doppiaggio, drammaturga e regista teatrale. Link alla tesi (Il medium videoludico: Intermedialità e controversia di Daniele Caudullo)
Area 1: Ambito personale e lavorativo
Cosa ama di più del Suo lavoro e/o delle sue mansioni professionali e intellettuali?
Il gioco intrinseco del lavoro dell’attore – recitare – che, per l’appunto, nelle diverse lingue si traduce con: play, jouer, spielen. La possibilità di interpretare un ruolo sempre diverso e a volte diversissimo da se stessi; entrare, attraverso le parole, i pensieri, le azioni, nel corpo e nella mente di un personaggio; vivere emozioni e condividerle con il pubblico; far circolare energia pura attraverso la propria voce; suggerire la riflessione su importanti temi sociali, sostenere e alimentare la cultura; io lo faccio principalmente attraverso frammenti del mondo femminile.
Creare nuove situazioni di utile inutilità in nome dell’arte pura. Coordinare e dare spunti interpretativi nella visione generale e nella direzione di un lavoro, sia esso teatrale che di doppiaggio. Formare, attraverso l’insegnamento, una generazione di appassionati e bravi artisti professionisti, trasmettendo la mia esperienza e conoscenza.
Riceve molte gratificazioni grazie ai suoi sforzi? (Sì/No)
(Se sì), Le piacerebbe raccontare qualche piacevole aneddoto?
Il mio impegno è rivolto costantemente alla realizzazione dei sogni, per condividere pensieri, fantasie, passioni, esperienze con il pubblico che fruisce del mio lavoro. Lo spettacolo “Vita Virginia - pensieri e dialoghi - dai carteggi e dai diari di Virginia Woolf e Vita SackVille-West” mi è valso il premio Franco Enriquez 2007.
I giornali nazionali titolarono: “la voce di Lara Croft interpreta Virginia Woolf”.
Quando le proposero per la prima volta di incanalare il Suo talento artistico prestando la Sua voce ad un personaggio dei videogiochi, quali sono state le Sue prime impressioni?
Trovai affascinante scoprire una nuova forma di narrazione dove gli aspetti tecnici assumevano un’importanza fondamentale e dove l’impostazione del personaggio, con la relativa espressione interpretativa, a volte, offrono una maggiore libertà di espressione.
Area II: Ambito videoludico – sociologico
“I videogiochi sono attualmente il medium più completo, grazie alla loro maggiore possibilità di interazione” Si trova d’accordo con questa affermazione? (Sì/No)
(Se no), Potrebbe motivare la Sua risposta?
Ritengo innanzitutto che non sia possibile rispondere a questo quesito in maniera oggettiva. Per chi agisce nel campo della musica, potrebbe essere la stessa cosa, così come lo è per me che lavoro nel contesto teatrale: i sorrisi, gli applausi, i commenti fuori campo e i fischi sono tutti rimandi degli spettatori che, con le loro emozioni, ci restituiscono la stessa energia con la quale noi attori, attraverso la nostra opera, li abbiamo colpiti, e non possiamo che gioirne. Anche questa è una forma di interazione. Nel caso del giocatore, viene tutto relegato all’immaginazione e alla fantasia, perciò mi sembra si verifichi piuttosto un tipo empatia “univoco” – un po’ come avviene anche al cinema – mentre invece a teatro c’è già uno scambio emotivo. Questo è il mio punto di vista.
Considera i videogiochi uno strumento mediatico di grosso rilievo, nella società contemporanea? (Sì/No)
(Se sì), Cosa ne pensa delle accuse lanciate dai detrattori dell’interattività videoludica (es: “I videogiochi fanno male; I videogiochi sanno solo rendere violenti i nostri bambini; ecc.”)?
Sono convinta che i videogiochi non facciano male se hanno un messaggio da comunicare, sia esso di formazione, di conoscenza o semplicemente ludico.
Personalmente ne ho fatti diversi dedicati interamente ai bambini per imparare a rapportarsi con gli altri, per imparare l’inglese, per conoscere le scienze, la geografia, la storia… Non condivido la massificazione dei concetti. È vero, alcuni giochi possono far danni ma anche la televisione, un libro, un film…
Lara Croft è la prova concreta che un personaggio dei videogiochi può non solo fare tendenza ma scuotere la sfera intellettuale: alcune femministe la esaltano in qualità di Girl Power, altre, come la rinomata Germaine Greer, la ritengono una perversa fantasia maschile. Quanto la rende fiera realizzare tutto ciò?
Personalmente ritengo di essermi solo occupata di dare un’anima e una voce ad un personaggio di cui altri, hanno scritto la storia.
Io ho cercato di dare me stessa per interpretarla al meglio.
Area III: Intermedialità
Le trasposizioni tra un medium e un altro (come ad esempio un film basato su un romanzo) comportano una differente modalità di fruizione, ciò significa che, molto spesso, vengono presentate delle differenze piuttosto significative tra lo strumento comunicativo originale e quello trasposto, ma ne aumenta il numero di fruitori per la Proprietà Intellettuale in questione.
Cosa ne pensa di questa ramificazione mediatica che risponde al nome di “Intermedialità”?
Mi piace moltissimo. Del resto io mi dedico con passione agli intrecci intermediali, facendo dialogare varie discipline artistiche: teatro, musica, danza, canto, video.
I personaggi fittizi più famosi sono destinati – presto o tardi – a un tipo di riscrittura più radicale che risponde al nome di “reboot”. Cosa ne pensa di questo espediente narrativo, molto in voga di questi tempi?
Non sono contraria. Lo immagino come una sorta di esercizio mentale non solo per chi medita la riscrittura ma anche per chi fruisce del risultato, alla curiosa ricerca dell’intreccio modificato o totalmente stravolto.
Nell’ambito intermediale, Lei ha operato, in qualità di attrice, drammaturga e regista, alla riscrittura teatrale dei romanzi di Virgina Woolf con lo spettacolo Vita Virginia, ma anche con Tutto per essere felici basato su un racconto originale del drammaturgo francese Eric Emmanuel Schmitt. Potrebbe parlarci dei processi creativi che portano ad un adattamento di tale portata?
Personalmente parto sempre da uno studio approfondito dell’autore originale, di tutto quanto abbia scritto e, naturalmente dell’opera da adattare.
È un’immersione totale, un lavoro piuttosto lungo e impegnativo, che mi appassiona proprio per quella personale curiosità di penetrare l’animo umano.
Prendendo spunto da una storia che mi ha toccato o che mi ha incantata, sviluppo l’argomento inserendo pensieri personali, esperienze di vita vissuta, o semplicemente inserti di fantasia che leghino o costruiscano una storia nuova, magari con un finale differente, stravolto. È una sorta di divertissement drammaturgico. In genere gli argomenti che mi attraggono sono di rilevanza sociale e piuttosto seri ma non disdegno affatto la leggerezza di un racconto a sfondo ludico.
Piuttosto, in cosa può differenziare, a livello empatico/sentimentale, usufruire dell’arte romanzata, piuttosto che di quella teatrale/cinematografica (o viceversa)?
Sono appassionata di letteratura. Trovo che sia molto difficile scrivere per il teatro e pochi autori contemporanei mi hanno colpita al cuore come, contrariamente, tanti scrittori di pagine letterarie.
Il cinema può essere muto e comunicarti tantissime emozioni ma è fondamentale la visione, il teatro lo si potrebbe anche solo ascoltare, come la radio.
Il circolo energetico che si crea fra gli attori e il pubblico diventa palpabile, a volte più di un’immagine cinematografica.
Quello che si comunica e che si espande, scendendo dal palcoscenico fino al pubblico, ritorna in forma di emozione, sorriso, pianto, applauso, abbraccio,
condivisione.
Partendo dalla letteratura classica fino ad arrivare a quella contemporanea posso attingere a infinite storie di fantasia o realmente accadute, e raccontare anche da sola, tutti i personaggi che le compongono. Ed è questo per me lo scopo del teatro: comunicare, condividere e suggerire la riflessione su qualsiasi argomento di cui si possa intellettualmente parlare. Ritengo che l’attore abbia una grande responsabilità e che deve tenerlo sempre ben presente, qualsiasi sia il mezzo attraverso il quale comunica.